Pitture di ILARIO ROSSI, Edizioni Alfa, Bologna, 1968
Francesco Arcangeli
La difficoltà maggiore per Rossi, uomo vivo e tutt'altro che insensibile al moderno corso dei problemi, fu quella d'avviare in nuova direzione le sue possibilità, senza tradirle.
Questi tentativi di rinnovamento volsero, con alterna fortuna, in due direzioni: verso l'espansione di ricchi e potenti strati di sensibilità; o verso le gamme chiare, accompagnate dall'eleganza quasi francese di sottili grafie. Non sarebbero certo mancati a Rossi, pittore nato, i mezzi tecnici e di stile, per giocare queste sue possibilità in astratto.
Ma l'astrattismo non sarà mai, probabilmente, la sua vocazione; anche per quel suo bisogno innato di ancorare l'opera a una struttura profondamente sentita e sostanzialmente reale.
Pensate ad una sensibilità così fatta, ponetela a contatto con gli avviamenti talvolta crudamente intellettualistici, talaltra unilateralmente e profondamente immediati, anarchici, dell'attuale pittura: capirete come Rossi non abbia potuto risolvere presto, entro di sé, il dilemma fra il suo primo e amatissimo mondo e le novità ultime. Ma, da qualche tempo, egli lotta con rinnovato entusiasmo in questa situazione di trapasso drammatico fra vecchia e nuova cultura.
Le strutture moderne, di traslata eredità cézanniana, le alternative e sperimentazioni tecniche della pittura di materia, o di quella che gli americani chiamano "pittura d'azione", fanno ormai corpo con le doti provate di Rossi: basterebbe vedere con quale padronanza, con quale golosa ma trattenuta dolcezza egli stenda con la spatola gli strati del suo colore, nutrendone gli accordi lungo una gamma talvolta piacevole, talvolta semplice e austera: spesso rara.
In questo impasto non facile è presente la vita: un poco come è viva la lotta, la violenza con cui, là nella sua bellissima periferia, le nuove, crude costruzioni assalgono l'antica gravità della civiltà rustica bolognese.
Così, grigioverdi abbandoni, bianchi di calce o d'avorio dolce squilli di note franche, bruni di parete, neri e oliva di vegetazione autunnale, qualche cosa di vero, di diretto, di intimamente e sensibilmente mescolato si gradua e vive in rilassatezze bellissime o in controlli severi, e quasi sempre si assesta entro una macchina strutturale che è, ormai, incorporata al timbro cromatico; e non, come accade in molti artisti anche noti, prefabbricata come vano stilismo sintattico.
Puó esser singolare, a questo punto, notare che Rossi, bolognese, e portato da sempre al tono naturale e alla visione diretta, non abbia ceduto, come poteva, alle legittime tentazioni del cosiddetto "ultimo naturalismo". Senza straniarsene, vi ha reagito a suo modo.
E' questo il segno più vivo d'una sua presenza personale, e di quel bisogno, che lo accompagnò fin dagli inizi, di sposare le doti d'istinto pittorico con quelle di meditazione strutturale.